Nel 1559, per creare la prima fontana pubblica di Firenze, Cosimo I° de’ Medici bandì un concorso al quale parteciparono i più importanti scultori fiorentini dell’epoca: Benvenuto Cellini, Baccio Bandinelli, Vincenzo Danti, Bartolomeo Ammannati e il Giambologna. Venne scelto il Nettuno dell’Ammannati, considerato vera e propria allegoria della potenza fiorentina sui mari.
La rete idrica voluta dal duca captava l’acqua dalla fonte della Ginevra, a monte della collina di Boboli sul lato opposto dell’Arno, e procedeva da Porta San Miniato verso il fiume, attraversandolo sull’attuale Ponte alle Grazie e giungendo poi in Piazza della Signoria ad alimentare la fontana di piazza. L’apparato scultoreo venne eseguito tra il 1560 e il 1565: l’Ammannati, che aveva avuto uno studio provvisorio sotto la loggia della Signoria, sfruttò anche i disegni di Baccio Bandinelli, nel frattempo morto nel 1560. La monumentale statua del Nettuno realizzata in un unico blocco di marmo di straordinaria grandezza cavato a Carrara, fu inaugurata in occasione delle nozze tra Francesco de’ Medici e Giovanna d’Austria il 10 dicembre 1565. Collocata nel luogo predisposto alla costruzione della fontana, fu provvisoriamente attorniata da una vasca in muratura e calcina e da figure realizzate in laterizio e stucco policromo. Solo nel marzo del 1572, i manufatti provvisori, nel frattempo deterioratisi, vennero sostituiti con i marmi di mischio e le statue bronzee, dando così finalmente compimento il 23 giugno 1574 al progetto dell’Ammannati. Non mancarono tuttavia critiche, anche accese, nei confronti dell’opera per cui, tra luogo comune e voce popolare, è stato trasformato il dio Nettuno nel “Biancone” ed è stato irriso in vario modo l’artista con la tipica arguzia fiorentina che sfocia nella battuta acre e immediata: “Ammannato, Ammanato, che bel marmo t’hai sprecato”.